Superbia

Qualche tempo fa ho partecipato ad un corso di fotografia. Osservandola da lontano, mi rendo conto di quanto questa esperienza sia stata per me formativa e sorprendente, perchè in effetti le devo il merito di aver acceso in me il piacere e lo stimolo per la fotografia di ritratto. 

Il corso ha toccato molti argomenti, dalla semiotica dell’immagine, agli schemi di illuminazione nei set fotografici, alla fotografia still life, ma il momento più magico per me è stato preparare il portfolio che ci è stato assegnato come conclusione del percorso.

Dovevamo raccontare una storia con l’aiuto di sole quattro fotografie, legate insieme da un filo narrativo che avrebbe introdotto, svolto e concluso un tema. E qui viene il bello, ad ogni studente è stato assegnato a sorte uno tra i sette peccati capitali. Io ho estratto la superbia.

È passato quasi tutto il corso prima di essermi deciso a trovare una narrazione, un’ ambientazione e magari anche un soggetto. Mi ero ostinato a voler trasmettere una morale, non limitandomi a raccontare la superbia o a mostrarla in azione, volevo dimostrare quanto fosse effimera e vuota diversamente dalle apparenze, volevo prendermi gioco di lei.

Ho capito che avevo bisogno di una persona affascinante, capace di comunicare e di mostrarsi con esuberanza e con passione, di un abbigliamento e di accessori appariscenti, tutto doveva ostentare sicurezza e savoir-faire. La mia storia doveva essere ambientata all’aperto, magari in un posto suggestivo, scaldata dalla luce del tramonto, nell’atmosfera sospesa che tutto tinge di quello stato d’animo malinconico che anticipa la conclusione di qualcosa. 

Ho scelto Sofia, l’ho portata a Urbino, nel mio posto del cuore, ho chiesto in prestito a mio padre la decappottabile, che in quell’ora di viaggio mi ha fatto perdere almeno due anni di vita in apprensione, ho aspettato fino a quando i raggi del sole non si sono tinti di arancione e di oro e abbiamo iniziato a raccontare la storia.

Superbia I
Una giovane donna vestita di rosso sgargiante sul calar della sera. Sola e piena di se stessa, attende e gioca con le ombre del suo foulard di seta, mentre gli ultimi raggi di sole la illuminano e ne fanno brillare i gioielli.

Superbia II
Ora ti vedo giovane fanciulla, sei elegante e raffinata.

Seduta sulla tua macchina di perla, sai che non c’è nulla che non ti meriti di avere ,
nessuno che possa dirti come comportarti, perché hai tutto. Sei tutto.
E se respiri a fondo lo puoi sentire il profumo della grandezza. 

Superbia III 
Ti vedo ancora. Perché ora cerchi il mio sguardo? Sembri turbata.
Ti vedo ancora, una macchia rossa sul limitare della foresta,

un luogo incantato e silenzioso, che scalda il cuore e rigenera la mente.
E ora in lontananza vedo anche un monastero, chissà se è bello.

Superbia IV
Dove sei mia dolce fanciulla?
Non ti vedo più, ti ho persa nell’immensità di questo tramonto.
Però da qui vedo tutto, gli alberi, le colline, quell’antico monastero sul crinale della collina,
e vedo il cielo. Forse non ho bisogno di altro.